Affitti turistici post Covid: il punto della situazione

“Torneremo mai alla normalità?”
Domanda frequente tra i proprietari di immobili in questo complicato periodo. Sì, perché quando anche appare prossima l’uscita dal tunnel, sembra di non arrivare mai. A più di un anno di distanza dall’esplosione della pandemia da Coronavirus in Italia, la situazione del turismo, uno dei settori economici più colpiti, resta sospesa tra il desiderio di tornare a viaggiare e l’effettiva possibilità di spostarsi. Facciamo il punto sulla situazione degli affitti turistici post Covid.

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Gli effetti della pandemia sul turismo italiano: ricettività alberghiera e affitti turistici a confronto

Duole esordire con questi dati, sintetizzati in un recente report di Federalberghi, ma la dura realtà del Covid che stiamo vivendo ormai da più di un anno ha messo pesantemente in crisi il settore dell’ospitalità turistica alberghiera ed extralberghiera italiana. Una situazione che si trascina tra attese e speranze e su cui, nonostante l’exploit dell’estate 2020, pesa soprattutto il velo dell’incertezza a causa dei lockdown intermittenti, i colori assegnati alle Regione di settimana in settimana, l’impossibilità di pianificare, una campagna vaccinale a singhiozzo e ripresa dei flussi turistici condizionata dall’andamento della pandemia.

Era iniziato bene il 2020, però.

I dati di Federalberghi vanno a ritroso nel tempo ed esordiscono con un +3,3% di presenze turistiche a gennaio rispetto all’anno precedente. Se non fosse che, in quei primi mesi dell’anno, già l’ombra del contagio si allungava verso l’Italia: a febbraio, infatti, inizia il calo (- 5,8%), poi a marzo c’è il crollo (- 82,4%) e infine, tra aprile e maggio, lo stop (- 95,4% e – 92,9%).
L’estate è il momento del turismo di prossimità: mancano gli stranieri che, in passato, affollavano borghi, città d’arte, spiagge e montagne del Belpaese. In autunno i numeri tornano a calare, le chiusure natalizie danno il colpo di grazia e le perdite si assestano intorno all’83,2%.

Stesso copione nei primi mesi del 2021:

  • 92% di presenze a gennaio e febbraio;
  • 87% di presenze totali a marzo, rispetto allo stesso periodo del 2019.

Secondo il Centro Studi di Federalberghi, “in totale, le presenze perse nel 2020 sono state 234 milioni (- 53,5%): come se su un viaggio da 10 notti, se ne fossero cancellate più della metà […] come se 620 mila persone non avessero percepito lo stipendio per un anno.”

Tutto è cambiato, da quel fatidico marzo 2020, quando in Italia ogni saracinesca è calata e abbiamo imparato a guardare il mondo esterno solo da una finestra. Lo abbiamo raccontato anche noi in questo articolo incentrato su come sarebbero cambiate le abitudini dei turisti durante l’estate.
A distanza di mesi, l’unica certezza che abbiamo è l’imprevedibilità di un contesto in continuo mutamento, cui dovremo giocoforza adattarci, tenendo costantemente sotto controllo – oltre all’evoluzione della pandemia e delle vaccinazioni in italia – la domanda turistica e i trend delle ricerche di viaggio che, con molta probabilità, saranno anche quest’anno rivolte a destinazioni di prossimità, quindi locali, preferibilmente nella natura: secondo una recente indagine Agi-Censis, “i nuovi flussi saranno alimentati da buona parte di quei connazionali (circa 17 milioni) che nel 2019 sono andati all’estero e che in gran parte rivolgeranno ora la loro attenzione alle località italiane”-

Prospettive per gli affitti turistici

Rispetto al 2019, le perdite per il settore degli affitti brevi si attestano tra il 65% e il 73% nelle grandi città italiane: un trend negativo che gli operatori dell’ospitalità turistica extralberghiera si trascinano dietro dalla fine dell’estate scorsa, boccata d’aria fresca che aveva permesso di recuperare qualcosa grazie al turismo di prossimità. Nonostante le ovvie difficoltà, il settore degli affitti brevi ha, però, capacità e tempi di riprese superiori rispetto alla ricettività tradizionale per via della maggiore flessibilità e della minore incidenza dei costi fissi. Che, in questo clima di grande incertezza, è un grande vantaggio.

Secondo l’Istat, inoltre, gli affitti turistici e, in generale, tutta la ricettività extralberghiera ha resistito meglio rispetto agli hotel anche perché, in virtù delle caratteristiche specifiche, viene facilmente incontro al desiderio di privacy e di riservatezza che i viaggiatori hanno manifestato l’anno scorso. E i numeri lo confermano: da gennaio a settembre 2020, le presenze registrate nelle strutture alberghiere sono meno della metà (il 46%) di quelle rilevate nel 2019, mentre quelle del settore extralberghiero sono il 54,4% dell’anno precedente.

Anche se adesso sembra complicato, il turismo ripartirà, come già sta accadendo in alcuni Paesi del mondo. La voglia di tornare a viaggiare, scoprire, esplorare, vivere esperienze tra arte e cultura è molto forte. La parola d’ordine, nel 2021, sarà flessibilità: l’offerta dovrà adattarsi alle nuove esigenze dei turisti che cercheranno igiene e sicurezza, pace e tranquillità, facilità di contatto, possibilità di cancellare le prenotazioni o modificare agevolmente le date dei soggiorni, check in e check out automatici e digitali.
Il digitale, inteso come ecosistema, avrà un ruolo fondamentale in questa progressiva ripartenza: le persone progetteranno in anticipo la vacanza e lo faranno con la massima precisione, sfrutteranno al meglio gli strumenti online disponibili, dovranno sentirsi sicuri e protetti. Un “customer Journey” sempre più digitale, in cui ogni touchpoint dovrà essere curato nel dettaglio e a cui anche le strutture extralberghiere dovranno adeguarsi per venire efficacemente incontro alle esigenze degli ospiti.

Finisce così?

Certo che no!

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